Come scegliere le certificazioni alimentari più adatte alla tua azienda

In un mondo dove le regole non sono solo linee guida ma vere e proprie barriere d’ingresso ai mercati internazionali, pensarci due volte sulla certificazione alimentare può risultare più strategico di quanto si crede. È facile cadere nell’errore di pensare che basti ottenere un attestato per sentirsi a posto, ma in realtà si apre un mondo di decisioni che, se fatte con superficialità, rischiano di costare caro in termini di immagine, affidabilità e fatturato.

E, sorpresa, spesso l’obiettivo non è la certificazione più appariscente o quella più diffusa, bensì quella che davvero fa al caso della propria realtà aziendale.

Intrigante, vero? Può sembrare un controsenso investire tempo e risorse su una certificazione che forse non si adatta noiosamente al proprio modello produttivo, ma il punto è proprio questo: per scegliere correttamente, bisogna partire dal capire cosa si cerca davvero e quali sono i mercati di sbocco prediletti. Le maggiori certificazioni internazionali nel settore alimentare sono IFS, BRC e FSSC 22000, ciascuna con caratteristiche peculiari e obiettivi specifici.

L’International Featured Standards (IFS), ad esempio, nasce per facilitare la presenza dei prodotti alimentari sui mercati europei attraverso un sistema di controllo che mette sotto la lente di ingrandimento l’intero ciclo produttivo.

La British Retail Consortium (BRC), invece, ha origini fortemente legate alla grande distribuzione britannica e affina la responsabilità di ogni passaggio, dalla produzione alla confezione, puntando sulla tracciabilità e sulla sicurezza. La certificazione FSSC 22000, in continua ascesa, si propone come un sistema di gestione della sicurezza alimentare lineare e facilmente integrabile con altri standard di qualità, ideato per aziende di varie dimensioni che vogliono offrire prodotti conformi a norme globali.

Il vero dilemma consiste nel comprendere quale di queste si adatti più alle esigenze della propria azienda, tenendo conto non solo delle caratteristiche interne, ma anche delle richieste dei clienti e delle normative di mercato.

La scelta non può e non deve essere lasciata al caso: un’impresa che punta alla distribuzione su larga scala in Italia o in Europa potrebbe considerare più conveniente adottare l’IFS, mentre chi mira a mercati più regolamentati o con requisiti rigorosi potrebbe preferire il BRC. Perché, si sa, le certificazioni non sono solo un attestato di qualità, sono anche un biglietto da visita che comunica affidabilità e attenzione ai dettagli.

Ma non bisogna dimenticare che il processo di certificazione non si improvvisa. Richiede un intervento puntuale e competente, che spesso si traduce in un percorso aspro tra documentazione, audit e formazione del personale. E qui entra in gioco il ruolo di consulenti specializzati: affidarsi a professionisti del settore può fare la differenza tra un percorso complesso e una vera e propria via crucis, o tra un biglietto di ingresso e una corsa vincente sui mercati.

Sistemi e Consulenze supporta le imprese del settore alimentare con servizi di consulenza, formazione e auditing, offrendo la guida necessaria per orientarsi tra normative e best practice.

Un esempio?

La corretta interpretazione di regolamenti come il Regolamento (CE) 852/2004, che si può approfondire affidando il proprio percorso a risorse qualificate.

Quando si valuta il tipo di certificazione più adatta, bisogna mettere sul piatto anche alcuni aspetti pratici, come il costo, la frequenza degli audit, e il grado di flessibilità richiesto.

Per esempio, un’azienda di piccole dimensioni, con prodotti artigianali e clientela locale, può non trovare conveniente un sistema di certificazione troppo complesso o costoso, preferendo standard più semplici da mantenere. Al contrario, un’azienda di medie o grandi dimensioni, che si propone di espandersi velocemente in mercati esteri, potrebbe vedere nelle certificazioni internazionali la chiave di volta per aprire le porte a nuovi clienti e nuove opportunità.

Insomma, scegliere la certificazione alimentare più adatta richiede una analisi approfondita e senza troppi pregiudizi.

Per farlo, la presenza di un partner affidabile e competente diventa un elemento imprescindibile. Non si tratta solo di ottenere un timbro: si tratta di integrare un sistema di gestione della qualità che possa durare nel tempo, evolversi con le normative e rispondere alle richieste di consumatori sempre più informati e attenti. Sul piatto c’è molto di più di una semplice certificazione, ci sono prospettive di crescita, di credibilità e di compatibilità con le nuove sfide globali.

E allora, la vera domanda che bisogna porsi è questa: una certificazione scelta con superficialità può ancora essere considerata un vantaggio o rischia di diventare una scatola vuota di fronte alle sfide future?

La risposta si trova nel modo in cui si affronta il percorso, e questa, forse, è la vera chiave del successo. Il rischio più grande di tutte queste scelte, infatti, è di rimanere fermi, avvolti da una nebbia di certificazioni spesso predicate più per conquistare il mercato che per rispondere realmente alle esigenze di sicurezza e qualità.

La vera sfida, quindi, non è solo quale certificazione scegliere, ma quanto si è disposti a investire in un percorso che possa trasformarla in un vero valore aggiunto, capace di fare la differenza nel panorama competitivo italiano e internazionale. Ed è in questa direzione che si va, sempre più, verso un futuro dove le certificazioni non saranno più solo un obbligo, bensì un elemento distintivo, un riconoscimento che parla di impegno e di qualità autentica.